Avvento e Natale, Commento al Vangelo

Dare testimonianza alla luce

Raffaello, Predica di San Giovanni Battista, The National Gallery, Londra

Commento al Vangelo della terza domenica di Avvento (anno B)

Nella terza domenica d’Avvento leggiamo due passi del primo capitolo del vangelo di Giovanni, che riportano una testimonianza di Giovanni Battista su Gesù. 

Gv 1, 6-8. 19-28
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose.
Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Giovanni è “un uomo mandato da Dio” e il suo compito è “dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui”.
Notiamo nell’invio di Giovanni, lo stile di Dio che, conoscendo la lentezza e gli ostacoli degli uomini a credere, manda testimoni, prepara la strada, ammorbidisce il terreno. È lo stile di Dio prima dell’incarnazione del Figlio Gesù e proseguirà anche dopo Cristo.
Dio nella storia degli uomini non fa le cose da solo, non agisce solo con la sua onnipotenza.
Lui per primo ha l’umiltà del creatore, che si nasconde dietro la bellezza delle opere da lui create, e poi ha l’umiltà del salvatore che si fa presentare come tale da altri messaggeri, non si autoimpone.
Lo presentano così, come Salvatore, gli angeli: a Maria, prima ancora che fosse concepito, poi a Giuseppe quando Maria era già incinta di lui, ai pastori quando era appena nato, e, da adulto, prima della sua manifestazione pubblica, è Giovanni che ha la missione di presentarlo all’umanità.
Quindi l’umiltà del predicatore, come quella dell’apostolo e quella di Giovanni si fondano sull’umiltà di Dio.

Giovanni “non era la luce,  ma doveva dare testimonianza alla luce”.
È bello questo nome di Gesù, tra i tanti che riceve nella scrittura: luce. Con la luce arriva la vita, i frutti dei campi, la possibilità di lavorare e di camminare. La chiarezza del nostro essere e del nostro destino. Da dove veniamo e dove andiamo. La consapevolezza dei nostri limiti e peccati. La forza indispensabile per la sintesi clorofilliana della salvezza.
Ai sacerdoti e leviti che lo interrogano chiedendogli: “tu chi sei?”, Giovanni dice per tre volte no.
La prima volta anticipa i pensieri degli indagatori e chiarisce loro che non è lui il Cristo. Gli chiedono dunque se lui è l’Elia annunciato dal profeta Malachia per gli ultimi tempi (cfr Mal 3,23-24) e lui risponde di no.
Gesù invece dirà ai suoi discepoli “Elia è già venuto e non lo hanno riconosciuto; anzi hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Cosi anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro” (Mt 17, 12). E i discepoli compresero che parlava loro di Giovanni il Battista e Gesù lo svela come suo precursore anche nella passione e nella morte.
Allora gli chiedono se lui è il profeta uguale a Mosè che è stato promesso nel Deuteronomio (cfr Dt 18,15-18). Giovanni nega ancora.
Gli emissari dei farisei sono tenaci e vogliono controllare tutto e riferire a coloro che li hanno mandati: dunque dicci chi sei. Giovanni si svela come la voce profetizzata da Isaia 40,3: “Una voce grida nel deserto: preparate la via al Signore”.
Ma a loro questo riferimento non soddisfa, immaginano già le obiezioni dei loro capi: perché dunque tu battezzi se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta? Una voce non può battezzare, che senso ha.
Ma Giovanni risponde senza rispondere, terrorizzandoli con una prospettiva nuova: in mezzo a voi sta uno che non conoscete e a cui io non sono degno neanche di fare da servo.
Se non lo conoscono non lo possono interrogare, non lo controllano e il loro potere è in pericolo.

Così Giovanni dà testimonianza alla luce. Probabilmente li ha gettati nello spavento e li ha ammutoliti.
Gesù cercherà di stare il più possibile alla larga da questi controllori dei progetti di Dio, ma inevitabilmente li incontrerà e dovrà sempre affrontare il loro contrasto, la loro ostilità, il loro sospetto.
Ma ci sarà sempre una Betania, questa o quella vicina a Gerusalemme, con degli amici ospitali o l’orto degli ulivi dove si ritirava con i suoi discepoli, ad offrirgli un po’ di conforto, un clima familiare di pace e di comprensione, di affetto.
E in ogni luogo e sempre c’era il cuore di sua madre ad accoglierlo.
Lei sapeva bene da dove veniva la luce di quel suo Figlio e da dove venivano le tenebre che cercavano di fermarlo.

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