Commento al Vangelo, Quaresima e Pasqua

Il paradosso del chicco di grano

Vincent van Gogh, Seminatore al tramonto, Museo Kröller-Müller, Otterlo

Commento al Vangelo quinta domenica di quaresima (anno B)

Nella quinta domenica di Quaresima dell’anno B leggiamo dal Vangelo di Giovanni l’episodio dei greci che lo vogliono vedere e le parole che di conseguenza Gesù dice ad Andrea e a Filippo.
Una profezia della sua passione, con l’immagine del chicco di grano che morendo diventa fecondo e con la teofania del Padre che conferma le sue parole. In conclusione le famose parole della Tractio crucis: “quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”.

Gv 12, 20-23
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

I Greci che vogliono vedere Gesù si sono avvicinati alla fede di Israele, sono proseliti. Nella loro terra d’origine coltivavano le arti e il pensiero, vivevano nella culla della filosofia. Vanno da Filippo che capisce la loro lingua e Filippo va da Andrea.
Notiamo che Gesù è già attorniato da una certa struttura gerarchica e organizzativa: i suoi discepoli gli fanno un po’ da segretari e un po’ da guardie del corpo.
I Greci si vogliono far presentare a Gesù: non osano arrivarci direttamente, preferiscono una raccomandazione.
Gesù non risponde come all’inizio del Vangelo con i primi due discepoli: “venite e vedrete”, né fa come con altri personaggi a cui lui stesso si avvicina senza che loro chiedano nulla, come il malato da trentotto anni della piscina probatica, o come il cieco nato. In questo caso invece si sofferma a parlare con Filippo e Andrea.
I Greci sfumano nell’orizzonte e non se ne parla più. Il fatto che dei Greci lo volessero vedere rende presente a Gesù tutto quel popolo che abita al di là del mare e ha tanta influenza sul mondo di allora, oltre ai vari popoli che in futuro avrebbero ascoltato il Vangelo.
Quindi decide di parlare ad Andrea che, dopo la sua resurrezione e il suo comando di andare da tutte le genti andrà in Grecia ad annunciare il Vangelo, e a Filippo, che andrà nella Scizia e nella Frigia.

Gesù dà ad Andrea e a Filippo il messaggio che più avanti anche Paolo cercherà di spiegare ai Corinti: “Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio”.
Gesù dice ad Andrea e a Filippo che se i Greci lo vogliono vedere e lo vogliono capire davvero, dovranno guardarlo pendere dalla croce.
Il messaggio che Gesù sta per dare non è solo per i greci ma per tutti i popoli, per questo i greci che lo volevano vedere rimangono sullo sfondo del racconto.
Dice loro che è giunta l’ora della sua glorificazione e dunque, nel linguaggio del vangelo di Giovanni, della sua croce.

Poi parla loro dell’immagine del chicco di grano che muore e dà frutto. È suggestivo notare che il mistero pasquale sia già anticipato tra le pieghe degli eventi della natura.
In realtà sappiamo oggi che il chicco di grano non muore come popolarmente intendevano allora, ma si trasforma per dare vita alla spiga.
Però è messo sotto terra come verrà sepolto il corpo di Gesù e quindi diventa nelle sue parole un’immagine splendida della vita nuova che sorgerà dal suo sepolcro.
Quella del chicco di grano è  immagine proprio adatta al mistero della nostra vita che con la morte non ci viene “tolta ma trasformata” (Prefazio I delle messe per i defunti).

Gesù dice loro anche una frase proverbiale costruita con il contrasto: “amare la vita/odiare la vita in questo mondo”.
Sappiamo che va intesa in senso figurato: servire Gesù, seguirlo, significa “perdere la vita” di fronte a questo mondo, alla mentalità del mondo, ma essere onorati dal Padre.
Gesù, nella sua pienezza di umanità, pensando al mistero che lo attende, nonostante la certezza della risurrezione, la certezza che il chicco di grano morto e sepolto darà frutto di vita nuova, ha l’anima turbata. E si chiede se dire al Padre: “salvami da quest’ora”. Ma sa che è venuto proprio per vivere quell’ora della sua passione e morte e così manifestare a tutti l’amore del Padre verso il mondo.
Chiede al Padre di glorificare il suo nome, che è il senso e il fine della passione, morte e risurrezione del Figlio.
Il Padre lo conferma con la sua voce dal cielo “L’ho glorificato e lo glorificherò ancora”: tale è l’unità e la sintonia tra Padre e Figlio.

Meditandola possiamo capire un po’ di più la profondità di ascolto e la risposta che può avere anche la nostra preghiera da parte del Padre.
Gesù sa che la sua morte in croce unita alla sua resurrezione avrà il potere di attirare tutti: “quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”.
Tutti noi attirati da lui, siamo chiamati a seguirlo, a unire alla sua croce la nostra croce, per attirare tutti a lui.

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