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La Madonna, Madre della nostra fede


Omelie di don Matteo Fabbri per la Novena all’Immacolata, 
Duomo di Milano, 29 novembre- 7 dicembre 2012

I giorno: 29 novembre:

Sia lodato Gesù Cristo!
         “Rallegrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te. Oracolo del Signore. Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore e diverranno suo popolo, ed egli dimorerà in mezzo a te e tu saprai che il Signore degli eserciti mi ha inviato a te.”[1].
Queste parole profetiche, appena proclamate, possono costituire il portico di ingresso nella
Novena che oggi inizia, per onorare, come ogni anno, l’Immacolata.
Il profeta Zaccaria si riferisce in maniera immediata alla figlia di Sion, alla personificazione del popolo eletto, alla città Santa. Ma siamo evidentemente di fronte a un esempio di “parole in attesa”, secondo la bella espressione di Benedetto XVI[2]: l’oracolo del profeta trova il suo pieno compimento nel fatto della Incarnazione; quello è il momento in cui i tempi messianici si compiono. E si compiono in Maria Santissima. I magnalia Dei, le grandi meraviglie di Dio, si realizzano nella giovane Vergine di Nazaret, al di fuori di ogni previsione possibile agli occhi umani.
E ciò che rende possibile il compimento dei piani divini è la risposta di fede della Madonna. Possiamo dire senza titubanze che il primo ritratto che il Vangelo ci offre della Santissima Vergine è quella esclamazione di Elisabetta, nel momento della Visitazione: “Beata colei che
ha creduto!”[3]. La Madonna è colei che ha creduto più di tutti, ma anche colei che ha creduto prima di tutti. È la sua fede che rende possibile la nostra; è il primo anello di una catena alla quale noi pure apparteniamo.

Non è sfuggita a nessuno di noi la circostanza che quest’anno il nostro incontro mariano è come incastonato nell’Anno della fede. Appare quindi del tutto logico meditare in questi giorni sulla Madonna come donna della fede. È il Pontefice che ci invita a farlo, nel Motu proprio Porta fidei, echeggiando l’andamento del capitolo undicesimo della Lettera agli Ebrei: “Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credette all’annuncio che sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione…”[4].
Viviamo in un tempo in cui, lo sappiamo bene, credere non è facile. Siamo circondati dal relativismo, che tende a vedere in ogni affermazione veritativa e in ogni certezza una intolleranza. Molti arrivano addirittura a confezionarsi una fede a proprio gusto, una fede “fai da te”[5], o considerano il riferimento al sacro come una sorta di abbellimento della propria vita, un ornamento grazioso, se non addirittura come un elemento utile per il proprio benessere: ricordo un amico teologo che, addentratosi in una libreria generica si mise a cercare lo scaffale dedicato a “religione” (o almeno a “religioni”); il suo sconcerto fu notevole nel rendersi conto che la religione era considerata un settore del “fitness”.
Di fronte a questo pervasivo clima culturale vogliamo ricordare con forza quanto il nostro Card. Arcivescovo ci scrive all’inizio della Lettera pastorale Alla scoperta del Dio vicino, dedicata come ben sappiamo proprio all’Anno della fede: “La fede cristiana è generata e alimentata dall’incontro con Gesù, verità vivente e personale: è risposta alla persuasiva bellezza del mistero più che esito di una ricerca inquieta, è fiducia nutrita dall’incontro con il Signore più che una scelta causata dalla sfiducia nelle risorse umane e da uno smarrimento che non trova altra via d’uscita”[6]. Ebbene, questo incontro con Gesù, diciamolo con forza, anche per ciascuno di noi passa attraverso la Madonna e la sua fede. In altre parole, la fede non è frutto della nostra sensibilità interiore, per quanto spiccata essa possa essere. La fede è un incontro vivo con Cristo, la fede è apertura del nostro cuore, la fede è dono dall’alto.
E allora, di fronte alla crisi di fede che ci circonda, di fronte alle difficoltà personali, ma anche di fronte all’appello e alla chiamata che il Papa rivolge a tutti i cristiani con l’Anno della fede, rispondiamo tornando alle radici della nostra fede. E queste radici sono mariane!
È la fede della Madonna che sta all’inizio e si pone come fondamento della fede della chiesa nascente. È la fede della Madonna che si colloca al sorgere della fede di ciascuno di noi.
La Santissima Vergine ci mostra l’atteggiamento primordiale della fede: ascoltare e custodire la parola che Dio ci rivolge.
Quanto abbiamo da imparare! Ascoltare e custodire la parola di Dio. E quanto volte invece noi siamo preoccupati di riuscire ad esprimere con autenticità i nostri sentimenti e il nostro pensiero. Quanto ci preoccupiamo di parlare e di “spiegarci”, di comprendere e di capire. Nella fede il principio è più semplice: è la risposta. Dio ci viene incontro in Cristo, attraverso la sua Chiesa: nei Sacramenti, nella Liturgia domenicale, nella Parola di Dio proclamata o meditata personalmente, nella Tradizione viva della Chiesa, nella nostra santa dottrina cristiana. Si tratta di accogliere e meditare tutto questo e di custodirlo nel cuore. Con parole del Pontefice: “È possibile oltrepassare quella soglia [la Porta della fede] quando la Parola di Dio  viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma. Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita”[7].
La Madonna ci insegna proprio questo. In quel momento meraviglioso, atteso dai secoli, in cui l’Angelo le si presenta e le riferisce il messaggio che diverrà la Madre di Dio, Ella semplicemente risponde di sì, e con questo sì apre anche a ciascuno di noi la strada. San Josemaría, fondatore dell’Opus Dei, descriveva così quell’evento: “Oh Madre, Madre!: con quella tua parola – Fiat – ci hai reso fratelli di Dio ed eredi della sua gloria.  Sii benedetta!”[8].
Ma la fede della Madonna non è solo un’adesione iniziale. Essa cresce lungo tutta la sua vita, sui passi della vita di Cristo. La sua presenza, dalla Incarnazione alla Nascita fino alla Croce e alla Risurrezione, è tanto discreta quanto reale e fondamentale.
E non è una presenza esteriore, accidentale. È una presenza materna. Ella è a Cana, all’inizio dei “segni” compiuti da Gesù: e questo momento non è solo l’inizio della manifestazione della gloria di Gesù; è anche, inseparabilmente, l’inizio della fede dei discepoli. È Giovanni, infatti che nota, dopo il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino, che “i suoi discepoli credettero in Lui”[9]: la fede dei discepoli è quindi frutto della richiesta della Madonna: Ella, che già vive di fede, contribuisce a generare la fede dei discepoli. Ancora più evidente è il suo ruolo materno ai piedi della Croce. Il dialogo che Giovanni, testimone oculare e protagonista, ci riferisce, non cessa anche oggi di interpellarci: “Donna, ecco tuo figlio. (…) Ecco tua Madre”[10]. Già il beato Giovanni Paolo II commentava così questo passo, nell’enciclica Redemptoris Mater: “questa nuova maternità di Maria, generata dalla fede, è frutto del nuovo amore che maturò in lei definitivamente ai piedi della Croce, mediante la sua partecipazione all’amore redentivo del Figlio. (…) La sua presenza discreta, ma essenziale, indica la via della nascita dallo Spirito. Così Colei che è presente nel mistero di Cristo come madre, diventa – per volontà del Figlio e per opera dello Spirito Santo – presente nel mistero della Chiesa. Anche nella Chiesa continua ad essere una presenza materna, come indicano le parole pronunciate sulla Croce: Donna, ecco il tuo figlio; Ecco la tua madre”[11].
Come la Madonna è presente, per così dire dal di dentro nel mistero della Incarnazione Redentrice, così Ella è presente “dal di dentro” nella nostra vita di fede, in questo personalissimo incontro con Gesù che è la sostanza della fede di ciascuno di noi. Ella ci aiuta così a non confondere la nostra fede con una semplice aspirazione soggettiva o con un pio sentimento; Ella ci mostra che la nostra fede (come la sua!) è chiamata a diventare vita. Ella ci indirizza verso Suo Figlio, il nostro Redentore.
Ecco allora che semplicemente non ha senso considerare non attuale la devozione mariana, concepirla cioè come qualcosa che in una presunta maturità della fede dovrebbe essere abbandonata e lasciata alle spalle. Tutt’altro. La prova ne viene anche dalla vita dei santi, che brillano come luci vicine nel nostro firmamento: pensiamo a quel grande innamorato di Maria Santissima che è stato il nostro amato Papa Giovanni Paolo II: il riferimento alla Madonna innervava letteralmente tutta la sua vita di preghiera e anche la sua azione pastorale.
Egli ha rafforzato la nostra fede, come l’apostolo Pietro (“et tu confirma fratres tuos”[12]) proprio attraverso la devozione mariana. Ricordo di aver sentito da uno dei partecipanti il racconto di una riunione tra i membri di alcuni Dicasteri della Curia Romana, presieduta dal Papa polacco, nella quale si stava prospettando una situazione davvero difficile e dolorosa per la Chiesa intera. Al termine della esposizione del relatore, il Papa, allora ancora giovane e vigoroso, battè un pugno sul tavolo, dicendo con forza: “sed Ipsa conteret!” (Ella schiaccerà la testa del dragone infernale[13]).
La Madonna è luce anche per la nostra fede. Vogliamo e possiamo vivere questi giorni onorandola, sapendo che così non ci limitiamo ad alimentare una devozione sentimentale: rafforziamo piuttosto le fondamenta della nostra fede.
E anche in questo non siamo soli. Viviamo la nostra fede nel grande “noi” della Chiesa intera, nella grande Tradizione di due millenni. E con gioia, con sicurezza, con maturità, facciamo nostre tutte le devozioni di sempre, che continuano a restare pienamente attuali. Penso adesso al Santo Rosario, che abbiamo recitato prima di questa celebrazione. Come anche il nostro Cardinale ci diceva lo scorso anno, possiamo recitarlo sempre, ogni giorno. E se gli impegni professionali e familiari ce lo rendono difficile, possiamo sgranare almeno una decina in tram, in Metropolitana, per la strada. Non è vero che il Rosario è preghiera passata di moda! Non è vero che è noioso e ripetitivo: è una questione di amore! Anche gli innamorati si ripetono sempre le stesse cose!
San Josemaría nel 1970 si recò in Messico, davanti alla Vergine di Guadalupe, per pregare per la Chiesa intera e per l’Opera da lui fondata per ispirazione divina. Furono giorni di appassionata preghiera filiale, in cui tra l’altro diceva: “Monstra te esse matrem (mostra che sei nostra Madre[14])… e non rispondermi “monstra te esse filium”, perché non so che altro posso fare.” Parole commoventi, che scaturivano da un cuore innamorato di Maria e della Chiesa, un cuore che si affidava totalmente tra le braccia di Dio Padre, aiutato e condotto dalla Madonna.
Noi non siamo all’altezza di questi santi, ma siamo figli esattamente come loro. Non abbiamo la forza di Giovanni Paolo II, ma anche noi possiamo affermare come lui “Totus tuus”!
Ci rivolgiamo alla Madonnina che dall’alto del nostro Duomo, presiede e vigila sulla nostra città; è davvero Turris civitatis, torre di guardia, che custodisce noi suoi figli. A Lei chiediamo in ginocchio: in questi tempi difficili, aiutaci a credere e ad amare con tutto il cuore!
Che bello essere figli di Maria e della sua fede!





[1] Zc 2, 14 – 15 (II Lettura della Messa).
[2] J. Ratzinger – Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, Rizzoli – LEV, Milano – Città del Vaticano 2012, pp. 26 – 27.
[3] Lc 1, 45.
[4] Porta fidei, n. 13.
[5] È il Papa stesso che usa questa espressione: cfr. Omelia 21-VIII-2005.
[6] Alla scoperta del Dio vicino, n. 2.
[7] Porta fidei, n. 1.
[8] Cammino, n. 512.
[9] Gv 2, 11.
[10] Gv 19, 26 – 27.
[11] Lett. Enc. Redemptoris Mater (25-III-1987), n. 23 – 24.
[12] Cfr. Lc 22, 32.
[13] Cfr. Gen 3, 15.
[14] Inno Ave maris stella.

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