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LA MADONNA MAESTRA DI PREGHIERA

Omelia di don Matteo Fabbri, 
Novena all’Immacolata, Duomo di Milano
3 dicembre 2013, Memoria di san Francesco Saverio

(Immagine della Madonna del Popolo, statua lignea nel Duomo di Verona, particolare)

“I miei giorni declinano come ombra e io come erba inaridisco. Ma tu, Signore, rimani in eterno, il tuo ricordo di generazione in generazione”[1].

Il salmista affronta un momento drammatico, forse una malattia particolarmente grave o una persecuzione, e trova conforto nella preghiera che rivolge a Jhwh. La sua forza è in questo dialogo, che gli permette di inserirsi nella grande corrente della tradizione della preghiera.

Anche noi, sballottati dal vento e dalle tempeste, colpiti ma non uccisi (come dice san Paolo) abbiamo bisogno della preghiera. È un mezzo imprescindibile per entrare in dialogo vero, in rapporto filiale con il Dio vicino, con il Dio che ci salva dalla nostra solitudine, dal nostro egoismo, dai nostri peccati.
Anche per questo volgiamo lo sguardo alla nostra Madre del Cielo.
La Madonna è Maestra di preghiera. L’iconografia di secoli l’ha raffigurata raccolta in preghiera nel momento in cui riceve l’annuncio dell’Angelo e lo Spirito Santo scende su di Lei. L’incontro con Elisabetta sua parente culmina con la meraviglia del Magnificat.
A Cana è la sua intercessione, come abbiamo già detto, che provoca l’anticipo dell’”ora” di Gesù. Finché ai piedi della Croce diviene in qualche modo Ella stessa preghiera vivente, ormai unita e identificata con il Figlio sofferente.
La Vergine santa ci mostra innanzi tutto le disposizioni per la preghiera; davvero il suo Cuore immacolato è terreno preparato, pronto a ricevere lo Spirito Santo. Come scrive il Papa in uno dei libri scritti prima della chiamata al soglio pontificio “Essere terreno per la parola vuol dire essere una terra che si lascia assorbire dal seme, che al seme si assimila rinunciando a se stessa per farlo germogliare”[2].
Nel Magnificat poi ci mostra il punto di partenza della preghiera: il ringraziamento e la lode di Dio; la riconoscenza costituisce la stoffa di cui e intessuto il cantico della Vergine. Ed è così, a partire dall’interno dei piani divini accolti con riconoscenza e disponibilità che si sviluppa la petizione a Cana, fino ad allargare i confini del proprio universo interiore e fare del suo Cuore Immacolato una cosa sola con il Cuore trafitto del Figlio, nel compimento della profezia di Simeone; e fino a giungere partecipare alla gloria della sua Resurrezione, nella luce intramontabile della Domenica di Pasqua. Ancora con parole del Papa, se i “Padri della Chiesa sostengono che pregare non è altro che cambiarsi in desiderio struggente del Signore”, la Madonna “è, per così dire, una coppa scoperta del desiderio in cui la vita diviene preghiera e la preghiera vita”[3].
Già la sola contemplazione della Madonna in preghiera e della sua vita intera come vita di preghiera dovrebbe convincerci della bellezza di coltivare una solida vita interiore, di rapporto personale con il Dio Uno e Trino, imparando a rivolgersi al Padre,
fonte inesauribile ed eterna di ogni bene, identificandoci con il Figlio amato attraverso una contemplazione sempre più viva della Sua Vita e dei suoi insegnamenti, con il sostegno costante dello Spirito Santo, soffio e intimità viva di Dio, l’unico che, come dice san Paolo, “scruta le profondità di Dio”[4].

Sì, diciamolo ancora, e chiediamo alla Madonna di aiutarci a comprenderlo in maniera viva, profonda e personale: che bello pregare! Che bello immergersi nell’intimità divina! Il Signore lo desidera per ciascuno di noi, non solo per alcuni eletti.
Eppure noi ancora stentiamo a gustare questa bellezza. Il nostro gusto si è come guastato, il palato non è più sensibile alle delicatezze divine. Perché?
Molte volte siamo pervasi da una mentalità utilitaristica che ci porta a leggere tutto ciò che facciamo in termini di “ritorno” personale… Si perde la capacità contemplativa; prevale in tutto un senso pragmatico; vogliamo tutto subito e lo vogliamo in base ad una pretesa stringente. Ci infastidisce la gratuità, il dono. Ma così perdiamo tutto. Ci si possono applicare le parole del profeta Aggeo: “Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; avete mangiato, ma non da togliervi la fame; avete bevuto, ma non fino a inebriarvi; vi siete vestiti, ma non vi siete riscaldati; l’operaio ha avuto il salario, ma per metterlo in un sacchetto forato”[5].

Sembra strano, eppure ci chiediamo ancora: perché pregare?
Forse è una domanda che può provenire solo da chi non ne ha mai davvero fatto esperienza.
Trovo significativa la risposta di un Vescovo dell’Italia centrale: “Mi chiedi: perché pregare? Ti rispondo: per vivere. Sì: per vivere veramente, bisogna pregare. Perché? Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive veramente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall’amore. Come la pianta che non fa sbocciare il suo frutto se non è raggiunta dai raggi del sole, così il cuore umano non si schiude alla vita vera e piena se non è toccato dall’amore. Ora, l’amore nasce dall’incontro e vive dell’incontro con l’amore di Dio, il più grande e vero di tutti gli amori possibili, anzi l’amore al di là di ogni nostra definizione e di ogni nostra possibilità. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si nasce all’amore, sempre di nuovo. Perciò, chi prega vive, nel tempo e per l’eternità. E chi non prega? Chi non prega è a rischio di morire dentro, perché gli mancherà prima o poi l’aria per respirare, il calore per vivere, la luce per vedere, il nutrimento per crescere e la gioia per dare un senso alla vita”[6]
Abbiamo bisogno di amore, come dell’aria per respirare. Ma l’amore è in primo luogo quello ricevuto. Si impara ad amare… essendo amati; è come per imparare a parlare: il bambino sente parlare, sente che gli si rivolgono parole e poco a poco articola a sua volta suoni indistinti che poi divengono le parole. È perché la madre gli sorride per settimane intere che a un certo punto il neonato, improvvisamente, senza ancora rendersi conto di cosa sta facendo, risponde con il proprio sorriso; un sorrisone che suscita l’entusiasmo delle nonne… Dobbiamo aprirci al dono di Dio e scoprire ogni giorno che Dio stesso, Uno e Trino, vuole intrattenersi in un colloquio di amore con te e con me. Ci sembra troppo bello per essere vero; eppure è proprio così. Gesù ci ama, ti ama, si interessa alla tua vita, è contento di intrattenersi con te e con me in dialogo di amore, ed è desideroso di accoglierti, di accogliermi, così come siamo, per guarirci.
Ricordo che mia sorella, quando era bambina (poteva avere allora tre anni) stava imparando le preghiere. Come spesso capita, anche per lei successe come ai bambini: cambiano le parole perché ciò che dicono abbia un senso a loro accessibile. E così, recitando una delle prime volte la preghiera mariana per eccellenza, disse: “Ave Maria, piena di grazia, il Signore è contento…”. Con il passare degli anni ho ripensato a quanta saggezza era contenuta in quella ingenua storpiatura: il Signore è contento! È contento di stare con noi.
Certo, la preghiera non sempre ci dà soddisfazione. L’amore di Dio per noi è sempre reale, ma non è sempre percepibile dal punto di vista del sentimento, del cuore. La preghiera per questo comporta costanza, impegno. Il calore dell’amore di Dio deve sciogliere il ghiaccio del nostro cuore, ma per questo ci vuole tempo: il disgelo dopo l’inverno è progressivo. E noi spesso non abbiamo pazienza…
E poi… Dio si mette in gioco nel dialogo con noi; da parte sua il dialogo è trasparente e sincero. Non è detto che da parte nostra sia altrettanto, e anche questo è impegnativo.
Ma poi, come pregare? Possiamo soffermarci sull’orazione vocale, sulla meditazione e sull’orazione mentale.

L’orazione vocale. Le preghiere imparate forse da bambini, che ci inseriscono nella corrente della grande Tradizione della Chiesa orante. Padre nostro, Ave Maria, Salve Regina. Guai se fossimo così superficiali da non vedere in queste espressioni di devozione una ricchezza profonda! Guai se le considerassimo formule vuote o poco spontanee. Sarebbe segno che consideriamo più rilevante il nostro gusto della tradizione di venti secoli…
E poi le preghiere vocali ci richiamano una realtà fondamentale: siamo fatti di anima e corpo: bando ad ogni falso spiritualismo! Non è vero che l’importante è il cuore e non la manifestazione esteriore. Sono importanti entrambi! Nessuna persona innamorata si presenta in ritardo o in maniera sciatta all’appuntamento con la fidanzata. Il nostro cuore ha bisogno di esprimersi in gesti, parole, affetti. Così anche nella preghiera.
E poi le preghiere vocali (il Padre nostro, l’Ave Maria, ecc.) sono una vera e propria scuola di contemplazione: lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica contiene uno splendido commento all’Ave Maria (cfr. nn. 2676 – 2677); la nostra meditazione tante volte potrà consistere nell’assaporare, nel ripetere adagio queste formule, cercando di far sedimentare nel nostro cuore tutta la ricchezza che vi è racchiusa.
Vi è quindi la meditazione; è una riflessione su un argomento di carattere spirituale, a partire da un libro di spiritualità o, ancora meglio, dal Vangelo. Chiediamoci come leggiamo il Vangelo. San Josemaria, in un commento alla Via Crucis, scrive: “Vuoi accompagnare da vicino, molto da vicino, Gesù?… Apri il Santo Vangelo e leggi la Passione del Signore. Leggere soltanto? No: vivere. La differenza è grande. Leggere è ricordare una cosa passata; vivere è trovarsi presente in un avvenimento che sta accadendo proprio adesso, essere con gli altri in quelle scene”[7].

Vogliamo leggere il Vangelo in maniera viva? Cominciamo a creare un “deposito”. Come si fa quando ci si prepara all’inverno nei paesini di montagna: si fa provvista di legna. Leggiamo qualche versetto di Vangelo ogni giorno: 2 o 3 minuti al giorno sono sufficienti… soprattutto perché non possiamo dire di non avere tempo di farlo. Ci familiarizzeremo con la vita di Gesù e della Sua santissima Madre, fino a giungere a quel momento splendido in cui non ci vengono in mente soltanto le scene, ma le stesse parole del Vangelo.
La Sacra Scrittura diventa così nostra, e ci troviamo a casa. Come Benedetto XVI dice della Madonna: “lei nella Parola di Dio è veramente a casa sua, ne esce e vi rientra con naturalezza”[8].
Così, con naturalezza, passiamo al terzo stadio: l’orazione vera e propria, che è dialogo sincero, vero, profondo, a tu per tu. Noi, ormai “entrati” nel Vangelo, ci troviamo, come quei personaggi, al cospetto di Gesù, che ci guarda con affetto e ci chiede, come al cieco: “Che cosa vuoi che ti faccia?”[9]; o ci interpella con una domanda impegnativa: “Chi dice la gente che sia il Figlio dell’Uomo?”, e di fronte alla risposta variegata degli Apostoli, incalza: “E voi, chi dite che io sia?”[10],
che è come dire: Io chi sono per te? Non possiamo restare indifferenti a queste domande, e tenteremo, in maniera rozza e limitata, le nostre risposte, farfugliando qualcosa nella lingua giusta, che è quella dei figli di Dio.
Impareremo così a vedere Gesù come una Persona viva. E vivremo noi stessi la sua stessa vita. Vivere, vita cristiana! La vita cristiana non è roba vecchia, da soffitta polverosa! I primi cristiani, spiega Benedetto XVI nel secondo volume su Gesù di Nazaret, si definivano “i viventi”[11].
Coloro che vivono la vita stessa del Risorto, del Signore Gesù!
Come rendere realtà nella nostra vita tutto questo?

C’è un proposito semplice che possiamo fare, con l’aiuto di Nostra Madre in questi giorni di Novena: un po’ di tempo ogni giorno per l’orazione. SOLO per quello. Anche se fosse solo un quarto d’ora… ma OGNI giorno. Cambia la vita. Non c’è più il piattume di una vita a due dimensioni. Scopriremo progressivamente che cosa vuol dire avere vita interiore, andare in giro per la strada custodendo nel cuore la ricchezza della vita divina della grazia. Frequentare Gesù, diventare amici suoi…
Aiutaci Madre nostra: rivolgiamo a te quella preghiera che gli Apostoli stessi rivolsero a Gesù: insegnaci a pregare!
Amen

[1]Sal 101(102), 12 – 13 (Salmo resp.).

[2]J. Ratzinger, Maria Chiesa nascente, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998, p. 7.
[3]Op. loc. ult. cit.
[4]1 Cor 2, 10.
[5]Ag 1, 6.
[6]B. Forte, Lettera sulla preghiera, Messaggio per la Quaresima 2007.
[7]Via Crucis, IX stazione, 3.
[8]Lett. Enc. Deus Caritas est(25-XII-2005), n. 41.
[9]Mc 10, 51.
[10]Mt 16, 13 ss.
[11]J. Ratzinger – Benedetto XVI, Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione, LEV, Città del Vaticano 2001, p. 98.

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