Senza categoria

UN CONTEMPLATIVO DEL VOLTO DI CRISTO. Omelia del Card. Camillo Ruini per la canonizzazione di Josemarìa Escrivà. Roma 9 ottobre 2002

In quella Messa c’ero anch’io. Un sacerdote che concelebrava accanto a me, appena finita l’omelia mi disse sottovoce: “bellissima omelia!”E in effetti anch’io non mi persi una parola. Per questo ora la ripropongo per coloro che sono devoti di quel santo o per chi volesse conoscerne alcuni tratti spirituali che il card. Ruini sapientemente tratteggiò in quella Messa di ringraziamento, tre giorni dopo la canonizzazione avvenuta con il papa Giovanni Paolo II, in piazza san Pietro, il 6 ottobre 2002. Ruini cita il Papa che aveva aperto il millennio con la Novo Millennio Ineunte, nella quale indicava, tra l’altro nella contemplazione del volto di Cristo il segreto della nuova evangelizzazione, del andare al largo per gettare le reti da pescatori di anime per Gesù Cristo e per la Chiesa. La Messa di ringraziamento si celebrava nella basilica di San Giovanni in  Laterano a Roma, 9 Ottobre 2002. Buona lettura e buona meditazione.

Ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa. La gloria di Dio  si manifesta  nella vita e nelle opere dei suoi santi. Ringraziamo Dio per la gloria che dà a Lui  la vita santa di Josemaría Escrivá, sacerdote e fondatore dell’Opus Dei.  La Chiesa propone a tutta la cattolicità  la figura di san Josemaría Escrivá come guida e modello di vita cristiana, e come intercessore. Viviamo l’epoca incerta e affascinante degli inizi di un nuovo millennio, percorriamo con entusiasmo e con fatica i giorni di passaggio verso una nuova epoca:   ci sentiamo interpellati dallo Spirito ad essere  in questo crocevia della storia  i forgiatori di una nuova civiltà cristiana, ben radicata nell’eredità che abbiamo ricevuto, ma non paurosa di intraprendere il futuro con sguardo carico di speranza e di novità. Ringraziamo Dio per  il Papa che ci guida in questo frangente della storia: le sue parole incoraggianti hanno dischiuso i giorni del nuovo millennio infondendoci coraggio e iniziativa con l’invito di Gesù che abbiamo appena riascoltato dal Vangelo di Luca: “prendi il largo”!  San Josemaría Escrivá . Ci abitueremo presto a chiamarlo così, nella preghiera personale e in quella comunitaria e liturgica.
Il disegno provvidenziale di Dio ci dona un santo preparato dallo Spirito   per il nuovo millennio che è cominciato.   “Queste crisi mondiali sono crisi di santi.”[1]affermava e  si è impegnato    per primo ad essere adatto a risolvere questa crisi mondiale, santo per diventare  esempio e guida   per moltitudini di cristiani comuni .   Il Santo Padre ci ha indicato   la contemplazione del volto di Cristo come strada di santità.   E san Josemarìa è  stato un contemplativo del volto di Cristo.   Docile alle ispirazioni dello Spirito Santo e in assidua meditazione della parola di Dio cercava il volto di Cristo, figlio di Dio e figlio dell’uomo. Lo commuoveva intimamente  la pazzia d’amore di Dio di diventare uno di  noi, di farsi un bambino perché noi ci avvicinassimo a Lui con fiducia. Si soffermava in conversazione intima con Giuseppe e con  Maria sua sposa e madre di Dio, per addentarsi nell’amicizia con Cristo Verbo Incarnato, e attraverso di Lui giungere all’amore del Padre e dello Spirito Santo. Vedeva con chiarezza nel Verbo che prende la nostra umanità, la sua  volontà di salvezza, l’amore indicibile, la rivelazione  “dell’uomo all’uomo” [2]. In questa prospettiva amava scorgere nell’umanità del Figlio di Dio tutte le virtù umane: la   disponibilità, il   lavoro ben fatto, la   determinazione, la   delicatezza,  l’obbedienza, il venirci incontro, l’amore per la libertà, la   temperanza, il distacco. L’amabilità dei modi e la correttezza delle virtù sociali, la straordinaria gratitudine.  Di tutti gli aspetti della vita del Figlio di Dio si fece imitatore personalmente identificato. Consigliava: “Frequenta l’umanità Santissima di Gesù…Ed Egli metterà nella tua anima una fame insaziabile, un desiderio “spropositato” di contemplare il suo Volto.” [3]  Scrutando la   vita nascosta di Gesù,  quei trent’anni di quasi totale silenzio evangelico apparivano a lui   tanto eloquenti: la pienezza di Dio era venuta ad abitare con totalità la   natura umana e il   tempo, dunque   la nostra vita di ogni giorno può essere piena di Dio. A partire da questa convinzione   lo Spirito   forgiava in lui una vita interiore solidissima   che si intesseva, prendeva spunto e alimento da tutti gli impegni, anche i più piccoli, della vita di ogni giorno, come   dalle esigenze grandi della sua missione.
 Comprese che l’eucaristia era un ulteriore passo nell’umiltà dell’annullamento di Dio in favore della nostra salvezza e per amore nostro. Si innamorò fin dalla più giovane età  di Gesù Cristo presente nell’Eucaristia e dimostrò questo amore con un accompagnamento continuo fatto di soste e di veglie e di slanci del cuore:  fu sempre sua fonte di ispirazione e di forza. Nel segreto del tabernacolo contemplava il suo volto. 
 Anche il volto di Cristo sofferente ebbe una parte fondamentale nel suo approfondimento del   mistero del Verbo Incarnato. Ha avuto il dono di fare l’esperienza di Gesù sulla croce, misterioso e “paradossale intreccio di beatitudine e di dolore”[4].   Scriveva:Ti voglio felice sulla terra. – Non lo sarai se non perdi quella tua paura del dolore. Perché, mentre «camminiamo», la felicità consiste proprio nel dolore.”[5] E ancora:  “ L’amore che dà gusto, che rende felice l’anima, si fonda sul dolore ”[6] In lui la percezione acutissima del dolore di Cristo era saldamente unita all’indefettibile certezza del suo significato di  vittoria. Così vede Gesù che sale sulla croce: “Il volto amato di Gesù, che aveva sorriso ai bambini e si era trasfigurato di gloria sul Tabor, ora è come nascosto dal dolore. Ma questo dolore è la nostra purificazione; il sudore e il sangue che offuscano e sfigurano le sue fattezze, sono la nostra pulizia…”[7]Nel volto morente di Gesù vedeva l’amore sereno e forte. E il gesto di sacerdote eterno che apre le braccia a tutta l’umanità. [8]
In quel volto sofferente, secondo la tradizione giovannea, intravedeva già l’esultanza del volto del risorto. “Cristo vive: Cristo non è un uomo  del passato, che visse un tempo e poi se ne andò lasciandoci un ricordo e un esempio meravigliosi. No: Cristo vive.”[9].  Lo contemplava vivo nella sua parola,  nella Chiesa, nei sacramenti dove è Cristo che   perdona,  Cristo che si offre sull’altare. E nella presenza   nell’anima del cristiano.   ”Cristo vive nel cristiano. La fede ci dice che l’uomo, in stato di grazia, è divinizzato.[10]Per questo diceva ai suoi figli spirituali: vi amo tanto perché vedo  scorrere nelle vostre vene il sangue del Risorto. La percezione della vittoria di Cristo   sul peccato e sulla morte era  così forte  da imprimere alla sua  vita la connotazione  dell’ottimismo e della speranza  attiva, anche nelle più grandi prove e sofferenze.  “Quando noi cristiani ce la passiamo male è perché non diamo a questa vita tutto il suo significato divino. Dove la mano sente la puntura delle spine, gli occhi scoprono un mazzo di splendide rose, piene di  profumo.” [11]
La sua unione con Cristo  dà ragione del dinamismo apostolico travolgente che ha informato la sua esistenza. Per questo lo Spirito di Dio ci offre con l’esempio e la parola di San Josemarìa un sicuro punto di riferimento  per l’evangelizzazione del mondo intero. I vescovi italiani si sono fatti eco del “prendi il largo” che il  Papa  ha lanciato e si sono rivolti ai fedeli che vivono   in Italia incoraggiandoli a “comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”[12]. Affido quelle attese ed esortazioni all’intercessione di San Josemaría  che tanto ha amato  questa terra italiana e le sue radici cristiane, e che sempre incitava    i cristiani ad andare nella stessa direzione segnalata dai loro pastori.   Molti sono gli aspetti del suo spirito che illuminano le attese dei vescovi italiani: ne  segnalo solo alcuni. Insegnava: “Dobbiamo amare il mondo, il lavoro, le realtà umane. Perché il mondo è buono: il peccato di Adamo ruppe la divina armonia del creato, ma Dio ha inviato suo Figlio unigenito a ristabilire la pace. E così noi, divenuti figli di adozione, possiamo liberare la creazione dal disordine e riconciliare tutte le cose con Dio.”[13]  Cercando  quel “qualcosa di santo, di divino”[14]che è nascosto in ogni realtà creata.  
La grande fiducia nella libertà dell’uomo e nella sua responsabilità davanti a Dio e agli uomini informava il suo lavoro pastorale, come confidava in un’omelia:ho concepito il mio lavoro di sacerdote e di pastore di anime come un compito volto a porre ciascuno di fronte a tutte le esigenze della sua vita, aiutandolo a scoprire ciò che in concreto Dio gli chiede, senza porre alcun limite a quella santa indipendenza e a quella benedetta responsabilità personale che sono le caratteristiche proprie della coscienza cristiana. Questo spirito e questo modo di agire si basano sul rispetto per la trascendenza della verità rivelata e sull’amore per la libertà della creatura umana. Potrei aggiungere che si basano anche sulla certezza della indeterminazione della storia, aperta a molteplici possibilità che Dio non ha voluto precludere”.[15]
Ben afferrato alla grazia di Dio poteva esclamare con San Paolo : “Tutto posso in colui che mi dà la forza!” Consapevole delle sue debolezze umane, confessava con san Pietro : sono peccatore, ma aggiungeva: un peccatore che ama Gesù Cristo. Debolezza umana e forza di Dio:   ingredienti  indispensabili per i cristiani di sempre, e di oggi in modo particolare.
L’esperienza   dell’infinito amore del Padre verso i suoi figli gli diede una ineffabile percezione della bellezza e della grandezza del sacramento della misericordia,  del quale fu apostolo instancabile. Predicava l’accostarsi al sacramento della riconciliazione  come fonte di grazia e di forza, ne dischiudeva ai suoi figli e a tanti altri il valore eminentemente  positivo, come un cammino di santità.
Il suo insegnamento aiuta i cristiani a cogliere il mistero della Chiesa come comunione: la Chiesa è la casa,  la famiglia dei figli di Dio,   non  un luogo di isolamento ma di alimentazione della luce e del sale interiore, perché ciascuno mentre é lievito che si scioglie nel mondo, e dà  volume e sapore al suo ambiente , gusta  sempre nella comunione dei santi le forza e la certezza di non essere solo.[16]
Oggi che  la Chiesa, anche nella nostra terra  di  antica tradizione cristiana,    nota il crescente analfabetismo religioso, specialmente tra i giovani, giova riscoprire l’importanza che il  nuovo santo dava alla formazione intellettuale , alla fede che doveva diventare cultura per essere in grado di dare ragione della speranza che è in noi.  E non era  un aspetto riservato a pochi, ma a tutti coloro che volessero prendere seriamente la vita cristiana: “Studia. – Studia con impegno. – Se devi essere sale e luce, hai bisogno di scienza, di idoneità. O credi che per la tua pigrizia e indolenza riceverai la scienza infusa? [17]
 Così definiva     le caratteristiche dell’apostolo moderno” Per te, che desideri formarti una mentalità cattolica, universale, trascrivo alcune caratteristiche: – ampiezza di orizzonti, e un vigoroso approfondimento, in quello che c’è di perennemente vivo nell’ortodossia cattolica; – anelito retto e sano – mai frivolezza – di rinnovare  le dottrine tipiche del pensiero tradizionale, nella filosofia e nell’interpretazione della storia…; – una premurosa attenzione agli orientamenti della scienza e del pensiero contemporanei; – un atteggiamento positivo e aperto di fronte all’odierna trasformazione delle strutture sociali e dei modi di vita.” [18]
 La mentalità corrente,  le leggi e i costumi che diffondono situazioni in netto contrasto con il Vangelo e la tradizione cristiana, sono per l’apostolo una sfida. Pensiamo al rapporto tra lo stato e le formazioni sociali, in particolare la famiglia, al compito dell’educazione, all’economia, alla visione della sessualità, della procreazione e della vita e della morte. All’intervento dell’uomo sull’uomo.  [19] In questo contesto   il messaggio di san Josemaría  al cristiano, cittadino della città terrestre è di grande incitamento e  di speranza.    “Questo è il tuo compito di cittadino cristiano: contribuire a far sì che l’amore e la libertà di Cristo presiedano tutte le manifestazioni della vita moderna: la cultura e l’economia, il lavoro e il riposo, la vita di famiglia e la convivenza sociale”. [20]
I vescovi italiani affermano: “è assolutamente indispensabile che vi siano tempi e spazi precisi nella nostra vita dedicati all’incontro con il Signore[21]  In questa prospettiva è illuminante l’esempio  di Don Josemaría , che come buon pastore, adeguandosi alle circostanze personali di ciascuno ha condotto  innumerevoli cristiani ad assumere con gioia un impegnativo un piano di vita spirituale. Egli è stato davvero  un maestro di preghiera e un pedagogo della santità.[22]
 Vi sono    grandi attese nella gioventù di oggi:  il santo Escrivá  griderebbe loro volentieri: “venite con noi appreso all’Amore!”.[23]  Sono giovani desiderosi di bene, ma spesso digiuni di formazione. Ai quali far giungere la chiarezza pastorale che portava san Josemaría  ad insegnare loro che lo studio e il  lavoro ben fatto erano la dimostrazione più importante della carità e del servizio, senza escludere la generosità della dedizione alla catechesi e ai poveri, prediletti da Cristo. Lo spirito di sant’ Escrivá    può   aiutare  tanti giovani a scoprire la vita come   vocazione. Nella predicazione del fondatore dell’Opus Dei, il lavoro  e il matrimonio come vocazione, furono  anticipazioni sorprendenti e mantengono  intatta tutta la loro freschezza e attualità:  la   novità che è quella del Vangelo. Dischiuse “orizzonti insospettati di zelo”[24] alla gente comune,  che non sospettava né osava sperare di essere destinataria di una chiamata personale di Dio. Dischiuse a tanti la prospettiva, così limpida nei primi cristiani, della testimonianza e della comunicazione del Vangelo negli ambiti stessi della loro vita:  in ufficio, in caserma, allo stadio, al mercato, in famiglia, a  teatro: ovunque un cittadino onesto si trova, lì il  cristiano  può essere , grazie alla sua partecipazione   alla vita di Dio, Gesù che passa, che sorride e guarisce. Osserviamo   che Gesù dice a Pietro: “prendi il largo e calate le reti per la pesca”[25]. Coniuga il tu prima e poi il voi. Dico a te, Pietro, spingi  la Chiesa alla pesca degli uomini e poi a  voi: seguitelo, aiutatelo. Ma possiamo pensare che Gesù voglia anche dire: chiamo te cristiano  ad essere mio apostolo. Poi, agirai nella tua pesca insieme agli altri, unito alla Chiesa.  Scriveva in Cammino il  giovane don Josemarìa: “<<Andate, predicate il Vangelo…Io sono con voi…>>lo ha detto Gesù…e lo ha detto a te.”[26]La vita e  le opere di San Josemaría  costituiscono per tutto il popolo cristiano  una forte spinta a “prendere il largo”, a salpare senza paura, a non temere la notte infruttuosa, a riprendere con fiducia la pesca che Gesù stesso ci indica come missione propria di ogni cristiano. Ascoltiamo ciò che lo Spirito dice alla Chiesa. Tutti noi, e in particolare coloro che vivono  per vocazione  lo spirito dell’Opus Dei, siamo chiamati a non disperdere il tesoro della sua vita santa, a farla fruttare per la gloria di Dio e per la felicità degli uomini, per il diffondersi e consolidarsi della Chiesa di Gesù Cristo nel  mondo. Interceda per noi dal cielo San Josemaría Escrivá , accompagnato da tutti coloro  che godono della compagnia ineffabile della Trinità, in particolare quelli  che  vi sono giunti grazie al suo apostolato e alla sua Opera. Ci accompagni in questo compito Maria, Madre di Dio e della Chiesa, Sede della Sapienza e Ancella del Signore, Stella dell’evangelizzazione. Amen
 

San Josemarìa Escrivà



[1] Cammino, 301
[2] Gaudium et spes,22
[3] Via Crucis, VI,2
[4] Novo Millennio Ineunte, 27
[5] Cammino, 21
[6]  Forgia, 76 
[7]   Via Crucis, VI stazione 
[8] cfr. Via Crucis, XII stazione
[9] E’Gesù che passa, 102
[10] ibidem, 103
[11] Via Crucis, VI, 5
[12] Comunicare il vangelo in un mondo  che cambia. Orentamenti pastorali dell’Episcopato italiano per i primo decennio del duemila.
[13] E Gesù che passa, 112, 2, cfr. comunicare il Vangelo…51. 
[14] Omelia Amare il mondo appassionatamente
[15] E Gesù che passa, 99, 1
[16] cfr. Cammino 545, cfr Comunicare il Vangelo… 28
[17] Cammino, 340,  cfr. Comunicare il Vangelo…40 e 50
[18] Solco, 428
[19] cfr. Comunicare il Vangelo…,40
[20] Solco, 302  
[21] Comunicare il Vangelo…n.47
[22] cfr. Novo Millennio Ineunte, n.31-34
[23] Cammino, 790
[24] Cammino, 973, cfr, Comunicare il Vangelo…58 e seg.
[25] Lc, 5,4
[26] Cammino , 904

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *