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MAMMA E PAPA’ COME ARCHETIPO DEI FIGLI. Considerazioni e consigli sapienti di don Valentino Guglielmi

Sofia Mardegan Fotografa
Molte volte ho sentito esprimere a voce da don Valentino concetti come quelli che riporto presi dal libretto “Ti Amo”, negli scambi di esperienze pastorali che avevamo spontaneamente quando ci incontravamo negli anni di Verona. Grazie alla forza di questo concetto dell’archetipo, era solito consigliare alle madri preoccupate della crisi adolescenziale dei figli, di rimettere al primo posto del loro cuore l’unione con il marito, in questo modo, rinsaldata l’immagina autentica della propria origine, il figlio avrebbe ritrovato la saldezza del proprio archetipo, e con sicurezza avrebbe potuto raggiungere la sua meta, il suo sviluppo di personalità, percorrere la sua strada. Paradossalmente quindi, cambiando l’oggetto della preoccupazione della madre, il motivo stesso della preoccupazione svanisce perché la meta viene raggiunta dal figlio più facilmente, e gli è stato tolto un ostacolo importante al suo stesso raggiungimento. Pur sapendo che nella pastorale non è conveniente, a mio parere, cercare di fissare ricette universali, proprio perché ogni anima è unica, ogni situazione è peculiare, ciononostante penso che questo tipo di considerazioni possano essere utili per orientare positivamente i genitori, in particolare le madri. E possono indicare una pista molto valida anche agli educatori di adolescenti. Districare situazioni intricate.

ARCHETIPO
04. 12. 16

La conoscenza sembra svilupparsi nel misurare i suoi oggetti tra di loro, comparandoli imparo a distinguerli e a riconoscerli. L’impresa più impegnativa è conoscere me stesso, perché sentendomi unico e solo non dispongo di termini di riferimento e perché sono vivo cioè in movimento di crescita. Il primo oggetto – l’archetipo – è mia madre per il contatto che ho avuto con lei durante i nove mesi della gestazione e durante il lungo periodo dell’infanzia. L’onestà e la rettitudine di mia madre mi fa sapere chi è mio padre e mi apre al contatto con lui. Avverto di essere avido di sapere come i due si rapportano tra di loro. Senza che alcuno me lo spieghi capisco che il loro amore è la mia sorgente. Ho necessità di rivedermi continuamente là dove sono nato, almeno fino a quando non riesco a stare sulle mie gambe. Le nubi che offuscano il loro amore proiettano ombre sulla mia sorgente e mi rendono insicuro e demotivato, mi viene alterato il contatto con la realtà. Temo il confronto con le cose, perché vedo fantasmi che mi inquietano e non sono pronto a capire che si tratta solo di proiezioni del mio disagio interiore.

ARCHETIPO 05
05. 12. 13

La cera molle del nato prende forma e si indurisce al contatto con mamma, l’archetipo, il primo stampo che si imprime sull’anima del bambino.
Così modellato il piccolo diventa la sua mamma, si identifica con lei. La mamma potrebbe andarsene, ma il suo stampo rimane nel cuore del figlio.
Papà è il secondo tipo che si aggiunge e a contatto con il primo dà al figlio la possibilità di procedere nella conoscenza delle cose. Per questo il bambino ha necessità assoluta di vedere l’armonia tra papà e mamma, altrimenti gli si altera l’unità di misura delle cose.
Lo stampo di mamma nel figlio che cresce è delizia e croce. Se il ragazzo vuole crescere deve rompere nel suo cuore lo stampo che gli ha dato forma e che lo condiziona.
Di solito l’adolescente non è capace di distinguere la mamma dallo stampo e intraprende un rapporto conflittuale con lei, quando dovrebbe accorgersi che la sua fatica è di modificare se stesso rompendo l’immagine della mamma, con la quale si identifica, e non tentare di rompere la mamma.


L’operazione dovrebbe essere condotta contestualmente con l’apertura alla conoscenza delle persone. E’ il modo per uscire dal cerchio stretto e asfissiante dell’egocentrismo. 

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