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CARISSIMI NUTRIAMOCI CON CON L’AMORE CHE GESÙ’ MOLTIPLICA

Ogni messa promette di portare con sé per noi, insieme al tesoro più prezioso che ci possiamo immaginare, il ripresentarsi dello stesso sacrificio di Cristo al Padre per la nostra salvezza, una sorpresa. Nella Messa dell’8 gennaio veniamo introdotti alla sorpresa con la preghiera di colletta: O Padre, il cui unico Figlio si è manifestato nella nostra carne mortale, concedi a noi, che lo abbiamo conosciuto come vero uomo, di essere interiormente rinnovati a sua immagine. Gli abbiamo chiesto con queste parole di essere donne e uomini che somigliano a Lui nella sua carne mortale e, allo stesso tempo, nel suo essere Figlio di Dio. Così pregando riconosciamo di essere da Lui chiamati ad essere figli di Dio in questa nostra carne mortale, che, da quando lui l’ha fatta sua, ha assunto una dignità che prima non potevamo nemmeno immaginare.Il Verbo si fece carne. Con tutta la nostra umanità che si è preso per sé.
L’orazione della messa ci introduce ad ascoltare con il giusto stupore le sublimi parole della prima lettera di Giovanni che ci spalancano la strada maestra per somigliare a Cristo: Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. (1Gv 4,7-10) L’Apostolo che più degli altri ha fatto l’esperienza di essere amato da Gesù ci incoraggia a non avere paura ad amarci a vicenda, perché l’amore viene da Dio, e se amiamo significa che siamo generati da Lui. Ancora una volta mi sorprendo di notare un collegamento fortissimo tra l’amore di Dio e l’amore tra noi: amiamoci gli uni gli altri perché l’amore è da Dio. Viene voglia di rileggere l’enciclica di Benedetto XVI che comincia con le parole che abbiamo ascoltato nella messa di oggi: Deus Caritas Est, per approfondire, vivere e diffonderne il contenuto. Papa Francesco lo fa continuamente con parole e gesti. Con la vita. Un’altra luce nella messa del mattino è data dallo scoprire che le parole di Giovanni sull’amore sono state scelte dalla liturgia del rito romano per introdurre il Vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci raccontato da Marco. Quell’episodio, letto dopo la lettera di san Giovanni, nella Messa, si illumina  di nuovi meravigliosi colori. Proviamo a leggerlo come una parabola dell’amore che da Dio, dal suo Figlio Gesù, arriva attraverso i discepoli, a tutte le genti.In quel tempo, sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci».E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti.Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini. (Mc 6,34-44) Gesù ama ciascuno e ama tutti insieme. Si commuove per il nostro essere pecore senza pastore: vede il disorientamento, la solitudine dell’anima, che ci prende così facilmente. Nutre questo nostro sbandamento con la sua parola. Come siamo affamati di pane così siamo affamati di verità, di avere una guida sicura, siamo anche affamati d’amore, di salvezza, di grazia, di Dio. E Gesù insegna ai suoi discepoli con quel suo educarli praticamente, che li ha chiamati a sfamare la gente del mondo di tutti questi bisogni. Abbiamo fame d’amore. Gesù è venuto a sfamare questa fame. Ma non vuole farlo da solo: date voi stessi a loro da mangiare. Io vi darò la forza, la grazia, il cibo che non finisce più, ma siete voi che dovete mettere mano ai vostri pochi pani, pochi pesci, e far sedere la gente, e andare in giro a trovarli, e distribuire a ciascuno: nelle loro mani, quel cibo di cui hanno tanta fame. Quell’amore senza il quale non possono vivere. Non dite loro: andate altrove a trovarne, a comprarlo a buon prezzo, disperdetevi, non dite loro così, come cosa che non vi riguardi. No: voi date loro questo cibo vitale di cui hanno bisogno: l’amore vicendevole che vi scambiate e che viene da Dio, che è l’Amore. I pochi pani e i pochi pesci che noi troviamo nelle nostre bisacce, sono anche segno dei pochi e piccoli gesti e atti d’amore che possiamo dare per sfamare la fame d’amore. Non disprezziamoli. Pochi piccoli gesti molto umani. Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, diceva Giovanni. E Gesù ci dice: date a loro, alle pecore senza pastore questo amore. Il moltiplicarsi mirabile di quei pani e pesci significa: non abbiate paura di non averne più da dare o non più per voi stessi, perché l’amore è da Dio, ed è infinito come è infinito Dio. Gesù moltiplica con la sua grazia il senso, il significato e la portata dell’amore fraterno che diventa tramite dell’amore di Dio. Fa conoscere l’amore di Dio, lo manifesta, lo rende presente, percepibile, lo trasmette. Che saranno mai cinque pani e due pesci? Pochissima roba. Eppure avanzarono dodici ceste piene. Dodici: una per ogni apostolo. Ciascuno ne aveva una in mano. Poteva vedere, guardare, faceva fatica a tirarla su per trasportarla. Era proprio tutto vero. Tutti molto sazi. Così ciascuno di loro ha potuto capire che a darlo l’amore non si perde ma si moltiplica. Quelle gerle diventarono per i dodici un segno tangibile del loro cuore che si è allargato, che ha amato, ha capito, si è donato con quelle piccole cose che aveva. Anche ai discepoli d’oggi, i cristiani d’oggi, Gesù dice: non aspettate che la gente si trovi da sé dove può o cerchi solo direttamente in Dio l’amore senza alcun aiuto da parte vostra: dategli voi da mangiare, che dietro questo vostro darvi da fare ci sono io che moltiplico il valore e la portata delle vostre parole e dei vostri gesti, delle vostre azioni d’amore.

Un pensiero su “CARISSIMI NUTRIAMOCI CON CON L’AMORE CHE GESÙ’ MOLTIPLICA”

  1. Giulia dice:

    Che grande consolazione leggere e constatare ancora una volta che, da amati, si può amare nella misura che soddisfa se stessi e le persone amate. Ma se ci si sente abbandonati si può colmare il vuoto con la ricerca di verità che accompagna ogni amore.
    Grazie

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