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EPIFANIA: LA STALLA DIVENTO’ CASA E SI DIFFUSE IL PROFUMO DI CRISTO

Era nato in un posto di fortuna. Il racconto di Maria, unica testimone ancora vivente, arrivò tra le fonti di Luca per il suo vangelo, avvolto da una delicatezza straordinaria, nessuna critica, nessuna lamentela. Non se la prendeva con le fatiche, con il patema d’ animo dell’incertezza di non trovare posto da nessuna parte: dove ti darò alla luce figlio mio divino? Non recriminava sulla poca informazione ricevuta prima dell’evento, sugli scarsi segnali indicatori di futuro dati dall’Arcangelo, a lei o a Giuseppe in sogno. Si fidava in tutto di Dio, il Padre di quel suo figlio, che l’aveva cercata, chiamata e resa madre del Salvatore. Di quel Padre percepiva tutta la premura anche se non si faceva più sentire.

Quella di Giuseppe e di  Maria e di quel bimbo che doveva nascere è proprio una vita umana vera, piena di tutte le incertezze e gli imprevisti tipici della vita degli uomini. Non cercano, Maria e Giuseppe, privilegi, protezioni particolari.  Capiscono che questo figlio di Dio è venuto a vivere la nostra stessa vita. Sembra a loro normale. Ragionevole.  Nessun accenno nel racconto di Maria o in quello di Giuseppe, alla inadeguatezza del luogo per la nascita del figlio di Dio, per la nascita di un re. Solo capiamo qualcosa dalla presenza di quella mangiatoia che per gli angeli è il segno da dare ai pastori. Un segno al quale i pastori sono molto abituati. Si sa, nei luoghi di campagna, nelle sere d’inverno, le stalle sono il luogo più caldo, li si va a partorire. Ma poi forse mettere il fagottino in una mangiatoia, forse non era così abituale…altri avevano culle o lettini a disposizione. Corredi. Quelli di Maria e di Giuseppe erano rimasti a Nazaret, ben preparati. Da quel segno che dicono gli angeli e vedono i pastori, possiamo pensare che ci fossero animali e che fosse proprio una stalla. Avranno avuto il tempo di pulire un po’? Giuseppe esperto, pratico, svelto, bravo. Ma senza attrezzi, in un posto non suo… Ci saranno stati cattivi odori? Un mucchio di letame poco più in là? Se anche fosse, c’era il freddo della sera, e l’aria aperta. E poi ci immaginiamo che quando nasce il Bambino, si diffonde luce, si diffonde profumo. Forse Maria ne aveva un po’ con sé. Comunque deve essere accaduto qualcosa di soave che trasforma totalmente quel luogo, che accompagna la nascita del figlio che ci è stato dato. Qualcosa che si comunica ai pastori che rimangano folgorati. Una persona che sperimenta la grazia di Dio durante i giorni di Natale mi diceva che si sentiva come una stalla dove lui nasce. E si sorprendeva che Lui, il bambino non si scostasse, anzi che durante il giorno dell’Epifania quel cattivo odore diventasse incenso profumato che sale a lodare Dio. Mi ha colpito molto l’immagine. Bella e grande. La stalla di Betlemme come la nostra anima, la nostra umanità, la nostra terra degli uomini, dove nasce Lui, e Lui non si scosta, non rimane contrariato. Era proprio quello che cercava. Il luogo dove aveva scelto di nascere. Ma già nella notte in cui è nato, ho pensato di precisare a quella persona, è sceso il suo profumo divino e si è sparso in quell’ambiente.  Poi con la sua presenza e con il lavoro di Maria e di Giuseppe la stalla è diventata casa. Così infatti dice il Vangelo dell’Epifania: Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e offrirono in dono oro, incenso e mirra.(Mt 2, 11). La casa profumata dal suo profumo fu arricchita dai profumi dei Magi. L’incenso è anche un segno di quello che quel Bambino fa delle nostre vite: entra nella nostra stalla, la chiede in prestito per nascere. Considera anche noi come bambini piccoli,  ci pulisce e ci profuma con il suo buon profumo divino. Questo profumo non si perde perché lui è venuto a prendere dimora dentro di noi e il suo profumo si espande continuamente per tutta la nostra stalla che nel frattempo, per la sua presenza purificante, e con il lavoro della santa famiglia e di tutta la Trinità di Dio, è diventata casa. Lì Gesù con il Padre può prendere dimora (Gv 14,23) prendere casa. E lì dentro di noi rimane, se non lo cacciamo fuori noi volontariamente. La nostra casa dove Lui abita può accogliere tutti, che si ritrovano come a casa loro e conoscono il Bambino e sentono il suo profumo. Anche gente venuta dai paesi più lontani. Viene da Lui il profumo, emana da Lui. Per questo forse da adulto gli piaceranno i profumi con cui lo omaggeranno le donne. Ma quel profumo si attacca a noi come i profumi buoni preziosi e forti, e non si stacca più, così anche noi lo diffondiamo dovunque andiamo. Questa è la vita di Cristo in noi: non ci sono più stalla, cattivi odori, disordine. Casa, profumo, porte aperte e luce. Questo grande e bel mistero cosi lo dice Paolo ai Corinzi: Siano rese grazie a Dio, il quale sempre ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde ovunque per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza! Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo…e chi è mai all’altezza di questi compiti? (2 Cor 2, 14-16). Siamo diventati, grazie al Natale di Gesù nella nostra stalla, casa di Gesù, diffusione del suo profumo tra le genti, senza esserne all’altezza, per grazia di Dio, per dono suo. Siano rese grazie a Dio.

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