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LUCE RADIOSA DEI NOSTRI PADRI: L’AMORE SCACCIA IL TIMORE

Nell’orazione colletta della messa del 9 gennaio abbiamo chiesto: o Dio luce del mondo, concedi a tutte le genti il bene di una pace sicura e fa risplendere nei nostri cuori quella luce radiosa che illuminò la mente dei nostri padri. È bello chiedere così i riferimento ai nostri padri. Chi sono i padri a cui si riferisce la liturgia? Penso ai profeti prima di Cristo, agli apostoli, ai padri della Chiesa, ai santi. Anche a coloro che ci hanno generato alla vita e alla fede. Padri furono gli apostoli  e, tra loro, San Giovanni è stato gratificato di una luce radiosa e folgorante. Quella luce chiediamo! Nella messa del 9 gennaio si fa un passo avanti nella prima lettera di Giovanni già letta ieri.  Sono straordinarie la forza e la luminosità di queste parole per la rivelazione che contengono su Dio e sulla vita cristiana. Proviamo a rileggerle piano. Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi.  Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio.

Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui. Per questo l’amore ha raggiunto in noi la sua perfezione, perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio; perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo.Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore. (1Gv 4,11-18)

La conseguenza immediata per Giovanni, dell’amore di Dio che si è manifestato a noi in Gesù, è che anche noi ci dobbiamo amare reciprocamente. E questo amarsi rende presente Dio in noi, e noi in Lui e l’amore rende visibile all’uomo Dio che nessuno ha visto! Dio è amore, ci ripete, stando nell’amore abitiamo in Lui e Lui in noi. E poi quell’affermazione fortissima che mette in contrasto l’amore con il timore, come realtà incompatibili. Anzi l’amore perfetto scaccia il timore. San Josemaría (nato il 9 gennaio 1902) scriveva: La soluzione è amare. San Giovanni Apostolo scrive delle parole che mi colpiscono molto: <<Qui autem timet, non est perfectus in caritate>>. Io le traduco così quasi letteralmente: chi ha paura non sa amare. –Dunque tu che sei innamorato e sai amare, non puoi aver paura di nulla! – Avanti! (Forgia, 260). Ricordiamoci di aver chiesto nell’orazione della Messa la  pace sicura e la luce radiosa che illuminò la mente dei nostri padri…E forse un po’ di quella pace e della luce che chiediamo ci giunge anche leggendo il Vangelo che prosegue quello di ieri: dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Dopo che furono saziati i cinquemila uomini, Gesù ordinò ai discepoli di salire sulla barca e precederlo sull’altra riva, verso Betsaida, mentre egli avrebbe licenziato la folla. Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare.Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli solo a terra. Vedendoli però tutti affaticati nel remare, poiché avevano il vento contrario, già verso l’ultima parte della notte andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: “È un fantasma”, e cominciarono a gridare, perché tutti lo avevano visto ed erano rimasti turbati. Ma egli subito rivolse loro la parola e disse: “Coraggio, sono io, non temete!”. Quindi salì con loro sulla barca e il vento cessò.Ed erano interiormente colmi di stupore, perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito. (Mc 6,45-52). Anche oggi ho pensato, nel celebrare la Messa, che l’invito a respingere il timore con l’amore, a non aver paura di amare, letto nella prima lettera di Giovanni sia stato scelto dalla liturgia della Chiesa per illuminare l’invito di Gesù ascoltato poi nel Vangelo: Coraggio sono io non temete! Quindi la paura di amare che ci può prendere, è la paura di chi pensa di vedere un fantasma che cammina sulle acque, e invece è Lui, è Gesù. Non è un fantasma, ha carne ed ossa, è uno come noi, quando sale sulla barca si nota il suo peso e anche la sua forza che la fa un po’ barcollare. Lui stesso, che è Dio, è amore. Ed è vero, e non ha paura, e se c’è l’amore c’è Lui, e ci dice di non aver paura. A Giovanni lo ha spiegato, e lui lo ha capito. Forse più tardi. Su quella barca c’era anche Giovanni. Anche lui ha avuto paura quel giorno. Anche lui aveva il cuore indurito. Non aveva capito la moltiplicazione dei pani. Ma poi è arrivato alla sublime luce e alla pace delle parole che sono scritte nella sua lettera e che in questi giorni di tempo natalizio leggiamo. Per questo anche noi possiamo sperare e pregare: fa risplendere nei nostri cuori la luce radiosa che illuminò la mente dei nostri padri, la luce radiosa che portò Giovanni a dire e a vivere quelle sublimi verità sull’amore. E a non aver paura. Che su quel lago della vita in tempesta, su quella barca della Chiesa c’è l’amore, c’è Gesù che placa i venti e il mare.

2 pensieri su “LUCE RADIOSA DEI NOSTRI PADRI: L’AMORE SCACCIA IL TIMORE”

  1. Anonimo dice:

    Perché abbiamo paura di amare? O meglio, in che cosa consiste questa paura?
    Tutti abbiamo esperienza che felicità e amore sono quasi sinonimi. A volte per un'esperienza positiva, altre volte per negazione, per assenza. Credo che la paura dell’amore, per lo più, non derivi dal timore di sperperarlo, di rimanerne privi dandolo, ma dalla consapevolezza dell’ossimoro che porta con sé, a più livelli. L’amore richiede reciprocità, ma senza far conto della reciprocità. Se amiamo perché l’altro ci ama, a condizione che ci ami, non amiamo. D’altra parte l’amore richiede corrispondenza e porta felicità quando è corrisposto. Amore significa comunione e la comunione non può, per definizione, essere a senso unico. Eppure abbiamo esperienza pratica della non corrispondenza, nostra e altrui.
    L’amore ci conferma nell’essere: poiché non possiamo amare se non ciò che è buono (anche se ci possiamo ingannare), se qualcuno ci ama sta dicendo che siamo buoni. Ci conferma nell’essere. Confermiamo e riceviamo conferma. Ecco perché quando ci si sente amati si è capaci di tutto, ci si sente forti. Allo stesso tempo ecco ancora l’ossimoro che si affaccia surrettizio: questa forza è una forza dipendente e quindi intrinsecamente debole. La forza sta nella relazione, non nell’individuo. Amare significa manifestare e accettare la propria debolezza, mettere a nudo se stessi senza protezione alcuna. Significa rischiare la ferita. Ben più grande ferita sarebbe la solitudine del non rischiare, della chiusura, ma dopo un po’ di ferite ricevute quello spazio disincantato e protetto sembra più sicuro. Ci vuole l’esperienza di un amore più grande, così sicuro di te da non temere neanche la fattualità del tuo tradimento, della tua debolezza. Ecco perché cadiamo nella tentazione di cercare Dio da soli: perché solo Lui è capace di un amore così. Se si avvicina in carne ed ossa…crediamo che sia un fantasma. Troppe esperienze di finitezza hanno colpito, ferito, deluso. Credere che l’infinito stia in un corpo circoscritto, per quanto cammini sulle acque, ci supera. Siamo sospettosi.
    Fine prima parte…

  2. Anonimo dice:

    …II parte
    E poi abbiamo bisogno di essere chiamati per nome. Non ci basta neanche esserci sfamati dei pani e dei pesci moltiplicati: non ci basta far parte dei cinquemila, e men che meno di quel generico “donne e bambini”. Abbiamo bisogno di sentire una voce profonda che dica il nostro nome. Alberga sempre nel fondo, non detto, il timore di essere “una persona qualsiasi”. Non credo che sia meschineria dell’animo umano, ma grandezza: ogni uomo ed ogni donna è irrepetibilmente a immagine di Dio e la sua massificazione non lo riconosce. Con tutti i suoi limiti, le sue fragilità e non ovvietà, nel matrimonio si sperimenta questo: non solo vieni riconosciuto come persona di valore, ma scelto, scelta. Tu, perché sei tu, non perché sei genericamente un essere umano e quindi degno di rispetto… Ma non esiste solo il matrimonio, anche nella vita di chi lo vive. Quando amiamo dobbiamo essere capaci di trasmettere questa unicità. Ci riusciremo?
    Un uomo e una donna senza volto sono senza unicità, dei canali impersonali e perfettamente sostituibili, ma Dio non ci tratta così. Neanche per Lui siamo mai solo mezzi. Persino la Sacra Scrittura ha due autori, umano e divino.
    Possono esserci due atteggiamenti di fronte alla storia vissuta e alla storia da vivere: un cinico disincantamento che si muove ‘avvertito’ delle difficoltà e che para bene i colpi in modo da non permettere il ripetersi di scenari già visti, oppure cercare di contribuire a risanare le ferite volendo bene. Mi piace di più, alla fine, dire “volere bene” che “amare”, proprio perché mi sembra più personale e affettuoso, meno retorico e ufficiale.
    La paura della ferita. La paura dell’impersonale. La paura di cercare un appoggio che non dovremmo. La paura di non reggere le altezza dell’amore a cui Lui porta, di non farcela.
    Sono tutte queste le paure che fanno gridare al fantasma.
    Ma d’altra parte se siamo su questa barca in mezzo al lago è perché ci siamo già fidati di quella voce e di quello sguardo che ha chiesto a noi come a quei dodici, scelti e chiamati per nome, di andare sull’altra riva. Il nostro amore oscillerà sempre tra la gioia di vederlo salire sulla nostra barca e la paura per le onde e il vento. Fino all’ultimo giorno dovrà ripetere “Sono Io”. La libertà è una conquista che si compie all’interno di questo sguardo e che non è mai scontata.
    Virginia

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