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CONOSCERE e CONOSCI TE STESSO: 50 anni di sacerdozio di don Valentino Guglielmi

Il 28 giugno del 1964 don Valentino veniva ordinato sacerdote. Oggi sarebbero 50 anni. Li compie stando già nell’eternità di Dio. Auguri e preghiera con loro, ai suoi compagni di classe, Gino Meggiorini, Ubaldo Galvani, Gianpaolo Beltrame, Felice Scalzotto, Gianfranco Ferrari, e tutti gli altri.
Per festeggiare don Valentino ecco due suoi scritti, che danno un bel ritratto del suo modo di vivere il sacerdozio.



CONOSCERE
04. 11. 09
Io sono di me stesso, ma da me stesso sono il nulla. Il modo per diventare qualche cosa lo posso realizzare nel conoscere. Quel che esiste in giro e che merita di essere conosciuto sono le persone. Mi propongo dunque di imparare le persone.
C

onoscere mi fa diventare quello che non ero e che trovo nella presenza degli altri. Non mi posso considerare alla stregua di uno scaffale predefinito, dentro al quale io vada collocando le novità acquisite come fossero libri. Conoscendo gli altri me stesso mi vado componendo. Serve pertanto che abbandoni la rigidità del già fatto e mi consideri un cantiere aperto. Che cosa potrò essere non mi è noto. Non ho una identità da difendere, ma una vita in espansione da alimentare.

Le novità che vedo spingendo lo sguardo oltre le apparenze alla ricerca della identità del mio interlocutore attendono di essere metabolizzate perché diventino me.
Il modo della assimilazione è nella parola dalla grande duttilità. Vuol dire che io devo rendere me stesso molto duttile altrimenti la parola sarà povera e scarsamente significativa. Parole già dette, luoghi comuni, solo rumore della bocca.
La parola è la vibrazione dell’anima stupita dalla presenza di qualche cosa di nuovo che la raggiunge. L’anima – ma tutta la persona – come strumento musicale deve essere tenuta in condizione di grande purezza altrimenti manderà stridori e suoni confusi, non musica.

La parola per sua natura serve alla comunicazione, ne ha urgente necessità, se ne alimenta e trova in essa la sua verifica. E’ la vita della conoscenza.

CONOSCI TE STESSO
04. 08. 04
Si parla di autocomprensione, di autopossesso trascendente: asinus portans mysteria.
Sono solo un vuoto, una potenzialità, di cui non mi è noto né il nome né i confini.
Colui che si affaccia sul vuoto è preso da vertigini, gli gira la testa e gli si rovescia lo stomaco.
Imparerai a conoscere te stesso solo nell’atto di imparare la persona che ti sta di fronte.
La fatica e la felicità di vedere la persona in tutto il suo valore trascendente (la sua contiguità con Dio, che l’ha donata a se stessa) ti permette per un attimo di assaporare te stesso.
La prima cosa da sapere: mi addentro in qualche cosa di trascendente, vale a dire di più grande
(o meglio di più semplice) di quanto io possa scomporre in modo logico – matematico.
Appare subito che esiste per me una sola chanche: di fronte a quanto è più grande di me posso solo amare di più, esigere di più da me stesso, lasciarmi pervadere dalla bellezza che mi affascina.
Devo imparare la finezza, frutto di attenzione rispettosa e vigile. Se vuoi fare una carezza devi muoverti con grande padronanza delle tue mani.
L’emozione, che ti dà a conoscere il tuo cuore mentre te lo fa vibrare, deve trovare parole e gesti capaci di comunicarsi a chi ti sta di fronte.
Più rendi duttili le tue parole e i tuoi gesti più dai stabilità al tuo cuore.

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