Oggi 8 marzo, nel ricordarmi durante la Messa di lodare Dio per la creazione della donna, e per tutti i doni che ha dato alla donna, chiedevo al Signore per intercessione di sua Madre, che si diffondesse l’insegnamento che san Giovanni Paolo II ci ha donato sulla donna, e che si compissero le intenzioni di papa Francesco sulla crescente efficacia della donna nella Chiesa. A quel punto mi sono ricordato che il mio primo articolo di spiritualità, era un breve invito alla lettura della Lettera alle donne di Papa Giovani Paolo II, testo che mi aveva tanto colpito. Riporto qui quel mio primo articolo. E’ stato pubblicato sulla rivista Studi Cattolici, nel maggio del 1996, n.419. Se lo scrivessi oggi, con altri vent’anni di esperienza sacerdotale, arricchenti, forse cambierei qualche parola, qualche espressione. Ma poche.
Leggiamo la lettera alle donne
«A ciascuna di voi e a tutte le donne del mondo»: così comincia la prima lettera di un Papa alle donne. A tutte e a ciascuna: rileggendo il primo punto di quella lettera, datata 29 giugno ’95, solennità dei santi Pietro e Paolo, ci si rende conto che se il Papa avesse potuto, l’avrebbe intestata con il nome di battesimo di ciascuna donna cristiana con il nome proprio di ciascuna delle donne viventi.
Avrebbe voluto spedirgliela in busta chiusa a ciascuna, perché lei potesse assaporare, nell’intimità della casa, la fragranza del tu, dell’essere stata pensata in modo personale.
Poiché non era possibile, cerca di superare l’inconveniente del documento ufficiale, l’anonimato della stampa, con lo sforzo della parola: e dopo poche righe ribadisce: vuole parlare «direttamente al cuore e alla mente di tutte le donne». E poco più avanti: «Vorrei ora rivolgermi direttamente a ogni donna».
Proseguendo nella lettura ci rendiamo conto che ha in mente proprio tutte le donne: quelle del passato e quelle che verranno. Per ringraziare le donne di tutta la storia umana e per mettere le basi perché le donne del futuro possano dare il loro apporto in modo più agevole e più pieno.
Fa sempre piacere ricevere una lettera da una persona cara. L’apprezzamento si dimostra con la lettura e la rilettura, la riflessione. Se la persona cara è il Papa, a maggior ragione fa piacere. Per questo varrebbe la pena di porgerla a ogni donna in grado di leggere, e di leggerla a ogni donna che non può. Per molte donne lontane dalla conoscenza di Cristo e della Chiesa, potrebbe essere l’approccio migliore, per rendersi conto di come e quanto sono stimate dalla Chiesa e dal Papa, cioè da Cristo. Nessuno ha mai parlato meglio, di loro, nessuno al mondo le tiene in miglior stima. «Il Papa ti ha scritto» e l’amica o la conoscente; il maritò o il figlio o il fratello le fanno una sorpresa da pochi soldi, che non si dimentica.
Gratitudine del Papa
Che troverà una donna in questa lettera ricevuta? Innanzitutto un grazie (p. 1). È il grazie della Chiesa alla Trinità per il «mistero della donna». Questo mistero che a volte la avvolge intimamente fino a diventare enigma a sé stessa e che può progressivamente, se non risolto, portarla a percepire la sua ricchezza come solitudine, diventa nella preghiera della Chiesa un grazie alla santissima Trinità per l’eterna misura della dignità femminile, per le “grandi opere di Dio” che nella storia delle generazioni umane si sono compiute in lei e per mezzo di lei».
Il grazie a Dio per aver inventato l’ultima creatura, il capolavoro, diventa grazie «a ciascuna donna, per ciò che essa rappresenta nella vita dell’umanità». È un grazie innanzitutto gratuito e assoluto: come il Papa ribadirà più avanti «grazie a te donna, per il fatto stesso che sei donna!». La tentazione dell’inutilità, il bisogno quasi fisico di riscontri, di risultati, di essere accettata, di essere utile a qualcuno, tutto ciò trova nelle parole del Papa un superamento: ciascuna è utile alla vita dell’umanità. L’accettazione di essere donna con i limiti che immediatamente vengono percepiti, soprattutto nell’adolescenza, rispetto a una immagine dell’uomo più forte, più libero e autonomo, trova risposta nelle parole del Papa, gratitudine alla donna perché è tale. Troverà un grazie per i suoi ruoli (p. 2). Grazie a te, donna madre, donna sposa, donna sorella, donna figlia, donna lavoratrice, donna consacrata.
Nel dire «grazie a te, donna madre», al Papa poeta sfugge una poesia:
Grazie a te, donna madre
che ti fai grembo dell’ essere umano
nella gioia e nel travaglio
di un’ esperienza unica, che ti rende
sorriso di Dio
per il bimbo che viene alla luce,
ti fa guida dei suoi primi passi,
sostegno della sua crescita,
punto di riferimento
nel successivo cammino della vita.
Nel dire grazie alla donna figlia e alla donna sorella, evidenzia alcune specificità femminili che sono, per la famiglia e per la società «le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza». Riecheggiano in questa frase, con singolare assonanza, le parole che quasi trent’anni prima pronunciava il beato Escrivà: «La donna è chiamata ad apportare alla famiglia, alla società civile, alla Chiesa, qualche cosa di caratteristico che le è proprio e che solo lei può dare: la sua delicata tenerezza, la sua instancabile generosità, il suo amore per la concretezza, il suo estro, la sua capacità di intuizione, la sua pietà profonda e semplice, la sua tenacia … ».
Così la donna può scoprire come ricchezza la sua diversità . È «capace di coniugare ragione e sentimento» e quindi capace di dare più umanità alle strutture economiche e politiche. «Con la percezione propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani». Proseguendo nella lettura scoprirà (p. 3) che è incalcolabile il debito che tutta l’umanità ha nei confronti di tutte le donne. Che dovrebbero valutare di più la donna per la sua competenza, per la sua professionalità, per l’intelligenza, la sensibilità, che non per l’aspetto fisico. Che la scelta dell’aborto, pur essendo sempre un grave peccato, è un crimine da addebitare prima all’uomo e alla pressione dell’ambiente, e poi alla responsabilità della donna (p. 5). Che la sua responsabilità è uguale a quella dell’ uomo nel compito grande e divino di «riempire la terra e soggiogarla», di forgiare la storia. È molto ciò che il progresso dell’intero genere umano deve alla donna (p. 8). Rimediterà che, come l’uomo, anche lei ritrova sé stessa (p. 10) solo nel dono di sé. «È infatti nel suo donarsi agli altri nella vita di ogni giorno che la donna coglie la vocazione profonda della propria vita, lei che forse ancor più dell’uomo vede l’Uomo, perché lo vede con il cuore» (p. 12). «Lo vede nella sua grandezza e nei suoi limiti e cerca di venirgli incontro e di essergli di aiuto».
Lettura per l’uomo
Un aiuto che può dargli, è passargli questa lettera del Papa, per condividerne i contenuti. «Leggi quello che mi ha scritto il Papa». Per non tenere segreti, per evitare gelosie, per facilitare all’uomo ciò che da tempo pensava di fare, ma si vergognava un pò, si intimidiva. Forse non è per me, non sta bene leggere le lettere indirizzate ad altri. E invece quanto gli può far bene.
Che cosa può trovare l’uomo (il fidanzato, il marito, il figlio, il fratello, l’amico, il collega) nella lettera del Papa sulle donne?
Troverà l’atteggiamento di Cristo e della Chiesa sulle donne, il pensiero di Dio, il progetto di Dio. Lui che tanto ha a che fare nella sua vita con le donne, forse non si è mai domandato, o ha mai avuto risposta: che cosa ha voluto dirmi Dio con la donna? Come vuole Dio che tratti la donna?
Se è parte della Chiesa, si domanderà come partecipare più consapevolmente al grazie della Chiesa alla Trinità, per la donna. E cercherà di fare suoi i motivi di gratitudine che snocciola il Papa per i vari tipi di donne che lo circondano, in famiglia, a scuola, sul lavoro, in ospedale, sulla strada… (pp. 1 e 2).
Approfondirà la convinzione degli enormi condizionamenti (p. 3) che hanno reso difficile il cammino della donna. Si sentirà spinto a imitare l’atteggiamento stesso di Cristo, che fu, superando i canoni vigenti della cultura del suo tempo, nei confronti delle donne, «di apertura, di rispetto, di accoglienza, di tenerezza». A proposito della tenerezza, forse riscontrerà di essere tentato dall’averne troppa con la fidanzata e poi troppo poca con la moglie, troppa con le estranee e poca con le donne della sua famiglia; fa parte del mistero dell’iniquità che va conosciuto e combattuto.
Dovrà convertire non poche convinzioni intellettuali e posizioni culturali nel leggere che «alla lunga storia dell’umanità le donne hanno dato un contributo non inferiore a quello degli uomini e il più delle volte in condizioni ben più disagiate».
La storiografia non lo può provare anche perché spesso i documenti rilevano più frequentemente l ‘apporto specificamente maschile.
Si determinerà a dare il proprio contributo sociale e politico per gratificare la maternità, per combattere la pornografia, la prostituzione, l ‘aborto (pp. 4 e 5).
Tornerà a formarsi alla fonte dalla Sacra Scrittu ra ( pp. 7 e 8):
«Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile». Se l’aiuto è «simile», significa che anche l’uomo è aiuto, altrimenti non sarebbe simile.
«Donna e uomo sono tra loro complementari». L’aiuto reciproco non è solo nell’agire, ma anche nell’essere: «È soltanto grazie alla dualità del “maschile” e “femminile” che “l’umano” si realizza appieno».
Quante crisi matrimoniali dipendono oggi dalla scarsa percezione di questa complementarità, nella diversità; dall’ignoranza della specificità maschile e femminile a livello psichico e ontologico.
Si stupirà di fronte alla grandezza dell’affermazione del Papa: «A questa “unità dei due” è affidata da Dio non soltanto l’opera della procreazione e la vita della famiglia, ma la costruzione stessa della storia». Quale uomo ha pensato così in grande il suo matrimonio? Anche per l’uomo varrà la riscoperta di quel passo della Gaudium et spes che il Papa cita praticamente in tutti i suoi scritti: che l’uomo «non può ritrovarsi pienamente se non attraverso il dono sincero di sé». Dono di sé anche alla donna, in modo particolare nel matrimonio. Ritrova sé stesso, dunque. Un sé stesso arricchito dal dono della donna.
Concluderà queste brevi paginette dicendosi che valeva la pena di dare un’occhiata, che possono cambiare sensibilmente la sua vita quotidiana, il modo di guardare e di sentirsi guardato, «nella sua grandezza e nei suoi limiti». E lascerà da parte, forse per sempre, quei modi di fare e di pensare nei confronti delle donne che lo rendono meno uomo.
Con la circostanza della festa della donna, esprimo profonda gratitudine e stima alle donne della famiglia Mardegan, nuore comprese, per il loro livello culturale e morale, e per la preclara affettività. Bruno Mardegsan