Commento al Vangelo, Vangelo della domenica

Un picnic indimenticabile

Raffaellino del Garbo, Moltiplicazione dei pani e dei pesci, Chiesa di Sant'Antonio, Firenze

Commento al Vangelo domenica XVIII del tempo ordinario

Domenica 2 agosto leggiamo nella messa l’episodio della moltiplicazione dei cinque pani e dei due pesci da parte di Gesù, per aiutare i suoi discepoli a dare da mangiare a tutta quelle migliaia di persone.

Mt 14, 13-21
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Gesù è in lutto per Giovanni.
È morto un amico, un parente stretto, ma non solo. È il figlio di Elisabetta e di Zaccaria, che per primo percepì la sua presenza. Il compagno di giochi da bambino. Colui che gli ha aperto la strada con la predicazione e il battesimo di penitenza, che gli ha presentato i primi discepoli e si è fatto da parte per non intralciare la sua missione, che doveva crescere, mentre lui invece diminuire.

Lui che in un momento di crisi nel carcere di Erode, lo aveva consultato: sei proprio tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro? Gli aveva mandato Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode, che poi si mise a servirlo con i suoi beni.
Ora lo aveva preceduto anche nella persecuzione e nella morte.

Gesù soffre e ha bisogno di stare da solo, di parlare con il Padre.
Prende una barca, e va dove non c’e nessuno. Ma qualcuno lo ha visto, corre la voce e la gente va perché nessuno ha mai parlato come lui, nessuno si è mai preso cura di loro come lui.
Gli portano i malati e lui lascia da parte la sua voglia di piangere in solitudine e di pregare il Padre in pace. Ha compassione di loro, di noi, delle pecore senza pastore.

I discepoli, concreti come segretari e rudi come guardie del corpo, valutano i rischi e gli dicono: mandali via perché si arrangino come possono.
No, risponde. Date voi stessi a loro da mangiare, è per questo che vi ho chiamato accanto a me.
Perché impariate la compassione, il darvi come cibo da mangiare, il non stancarvi se alla sera arriva il lavoro più faticoso e non riuscite a chiudere la giornata in pace.
Vorreste rimandare ciascuno da dove è venuto? Invece no: guardate che c’è l’erba, tanta erba.
Creata apposta perché questa gente possa sedersi comodamente e godere del picnic più indimenticabile della loro vita e della storia.

I discepoli tentano di obbiettare con una scusa valida: abbiamo solo cinque pani, solo due pesci. Come facciamo? Portatemeli qui!
Ecco nelle tue mani le nostre sette risorse, le sette virtù, le sette opere di misericordia corporale, i sette sacramenti, le sette domande del Padre nostro, le sette offese del fratello da perdonare.

Ecco, così va bene: portatemele qui. Mettetele in gioco. Non trattenetele solo scritte nei vostri catechismi.
Se le rendete vita vera le mettete nelle mie mani e io le posso moltiplicare e diventano cibo per una moltitudine.
Mi interessa soprattutto dare da mangiare alle donne e ai bambini, che non entrano nei vostri conti.
Raccogliete gli avanzi: è l’ultima fatica.
Una cesta per ciascuno dei miei dodici, così vi resterà impressa negli occhi la loro gratitudine e nelle braccia la sovrabbondanza del mio cibo di vita eterna che non finisce mai.

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